Quella volta che hai comprato l’ukulele e ora raccoglie polvere: benvenuto nella sindrome dell’oggetto luccicante
Alza la mano se nella tua casa c’è un cimitero di hobby abbandonati. L’ukulele che doveva trasformarti nel nuovo Ed Sheeran, la macchina per il pane utilizzata esattamente tre volte, il set di pennelli per l’acquerello ancora nella confezione originale, e quel corso di spagnolo online abbandonato dopo aver imparato “hola”. Se ti stai riconoscendo, congratulazioni: potresti essere affetto dalla sindrome dell’oggetto luccicante.
La sindrome dell’oggetto luccicante, conosciuta nel mondo anglosassone come “Shining Object Syndrome” o SOS, è quel fenomeno psicologico per cui siamo irresistibilmente attratti da tutto ciò che è nuovo, stimolante e promettente, solo per perdere completamente interesse nel momento in cui la novità iniziale svanisce. È come essere una farfalla in un negozio di lampadine: tutto brilla, tutto affascina, ma non ci soffermiamo mai abbastanza a lungo su nulla per trarne un vero beneficio.
Ma cos’è davvero questa benedetta sindrome?
Prima di tutto, facciamo chiarezza: la sindrome dell’oggetto luccicante non è una patologia clinica riconosciuta nei manuali diagnostici ufficiali. È piuttosto un pattern comportamentale che è stato identificato e studiato da psicologi, coach e esperti di produttività. Si tratta di una condizione caratterizzata dall’eccessiva attenzione verso idee e novità finché qualcos’altro non cattura la nostra attenzione, portandoci a perdere di vista il quadro generale.
Il tuo cervello funziona come un bambino in un negozio di giocattoli: ogni scaffale offre qualcosa di più interessante del precedente, e il povero bimbo non sa mai su cosa concentrarsi. La differenza è che tu sei un adulto che dovrebbe essere capace di portare a termine quello che inizia, ma il tuo cervello continua a comportarsi come quel bambino disorientato.
Il fenomeno è strettamente collegato a quello che gli esperti chiamano FOMO, ovvero “Fear of Missing Out” (paura di perdere qualcosa). Entrambe queste condizioni ci spingono verso un inseguimento ossessivo di novità, creando un ciclo infinito di entusiasmi brevi ma poco produttivi. È come vivere in un eterno stato di anteprima: siamo sempre eccitati per quello che potrebbe essere, ma raramente ci godiamo quello che abbiamo davvero raggiunto.
I segnali inequivocabili che sei caduto nella trappola del luccichìo
Come fai a sapere se anche tu sei vittima di questa sindrome? Ecco alcuni segnali che dovrebbero farti suonare un campanello d’allarme nella testa:
- Il tuo garage, cantina o ripostiglio sembra un museo degli hobby abbandonati, completo di attrezzi da giardinaggio usati una volta, strumenti musicali silenziosi e libri di auto-aiuto ancora da sfogliare
- Hai più account su piattaforme di corsi online che amici nella vita reale, e la percentuale di completamento dei tuoi corsi è più bassa del tasso di gradimento di un politico
- Quando qualcuno ti chiede qual è il tuo hobby, hai un momento di panico perché non sai se rispondere con quello di questa settimana o quello del mese scorso
- Le tue conversazioni iniziano spesso con frasi come “Ho scoperto questa cosa incredibile che cambierà la mia vita” ma non includono mai aggiornamenti sui progetti precedenti
- Ti senti sempre energico e motivato all’inizio di ogni nuovo progetto, ma questa energia si dissolve più velocemente della schiuma del cappuccino
La scienza dietro la tua ossessione per il nuovo
Ma perché il nostro cervello sembra programmato per questo balletto del “prendi e lascia”? La risposta sta in alcuni meccanismi neurobiologici che, sebbene abbiano aiutato i nostri antenati a sopravvivere, nella società moderna possono giocarci dei brutti scherzi.
Il primo colpevole è la dopamina, il neurotrasmettitore che gestisce piacere e motivazione. Contrariamente a quello che potresti pensare, la dopamina non viene rilasciata quando otteniamo qualcosa di piacevole, ma quando anticipiamo di ottenerlo. Questo significa che il momento più eccitante non è quando suoni finalmente quella canzone all’ukulele, ma quando ti immagini mentre lo fai, magari davanti a un pubblico di amici ammirati.
Ecco perché l’entusiasmo iniziale è sempre così intenso: il tuo cervello sta letteralmente fantasticando su tutti i possibili benefici e successi che potrebbero derivare da questa nuova avventura. È come essere innamorati della versione idealizzata di te stesso che ha già padroneggiato quella nuova competenza.
Il tranello del rinforzo intermittente
Un altro fattore cruciale è quello che gli psicologi chiamano rinforzo intermittente. Il nostro cervello è programmato per essere più motivato dalle ricompense che arrivano in modo imprevedibile piuttosto che da quelle costanti. È lo stesso principio che rende così avvincenti le slot machine o i social media: non sai mai quando arriverà il prossimo “premio”.
Quando iniziamo un nuovo progetto, ogni piccolo progresso ci dà una scarica di soddisfazione. All’inizio questi progressi sono frequenti ed evidenti: dal non saper tenere in mano l’ukulele a riuscire a produrre il primo accordo decente. Ma man mano che avanziamo, i miglioramenti diventano più sottili e richiedono più tempo. Il nostro sistema di ricompensa cerebrale, ormai abituato alle gratificazioni immediate, inizia a perdere interesse più velocemente di un gatto davanti a un documentario sui pesci.
L’era digitale ha peggiorato tutto
Se pensi che la sindrome dell’oggetto luccicante sia sempre esistita, hai ragione, ma l’era digitale l’ha trasformata in una vera e propria epidemia comportamentale. I social media, YouTube, i podcast e le newsletter ci bombardano costantemente con nuove opportunità, tecniche rivoluzionarie e “life hack” che promettono di trasformare radicalmente la nostra esistenza.
Questa sovraesposizione alle possibilità crea una sorta di ansia da opportunità mancata. Mentre siamo concentrati a imparare il francese, vediamo un video su come il coding stia rivoluzionando il mondo del lavoro. Mentre pratichiamo coding, leggiamo di qualcuno che ha trovato la pace interiore e i milioni attraverso la meditazione mindfulness. E così via, in un ciclo infinito di nuovi inizi e abbandoni prematuri.
Il problema è che la nostra capacità di attenzione è limitata, ma le opzioni disponibili sembrano infinite. È come cercare di bere da un idrante: invece di dissetarci, finiamo per essere travolti dalla pressione.
Non è solo questione di forza di volontà
Ecco una cosa importante da capire: la sindrome dell’oggetto luccicante non è semplicemente una questione di mancanza di carattere o pigrizia. Dietro questo comportamento si nascondono spesso dinamiche psicologiche complesse che meritano comprensione, non giudizio.
Molte persone che manifestano questo pattern hanno in realtà una bassa tolleranza alla noia e un bisogno elevato di stimolazione cognitiva. Sono spesso individui creativi, curiosi e intelligenti che si trovano a disagio nella routine e nella ripetizione necessarie per padroneggiare davvero una competenza. In altre parole, il tuo cervello potrebbe essere semplicemente troppo attivo per accontentarsi di fare sempre la stessa cosa.
Un altro aspetto interessante è che spesso questa sindrome nasconde una paura inconscia del fallimento. Abbandonare un progetto nella fase iniziale, quando è ancora tutto potenziale e possibilità, permette di mantenere intatta l’illusione di poter essere bravi in quella cosa. È più facile dire “ho smesso di suonare l’ukulele perché ho scoperto la fotografia” piuttosto che ammettere “ho smesso perché era difficile e non miglioravo abbastanza velocemente”.
Quando il luccichìo diventa un problema serio
È importante sottolineare che una certa dose di curiosità e apertura alle novità è non solo normale, ma anche psicologicamente salutare. La capacità di interessarsi a cose nuove è associata a creatività, flessibilità mentale e benessere psicologico. Il problema sorge quando questo pattern diventa così pervasivo da interferire con i tuoi obiettivi di vita e il tuo senso di realizzazione personale.
Se ti ritrovi costantemente frustrato per non riuscire mai a completare nulla, se hai la sensazione di sprecare tempo e risorse, o se questo comportamento inizia a influenzare negativamente il tuo lavoro o le tue relazioni, allora potrebbe essere il momento di affrontare la questione più seriamente.
Come domare l’oggetto luccicante senza perdere la curiosità
La buona notizia è che, con la giusta consapevolezza e alcune strategie pratiche, è possibile canalizzare positivamente questa tendenza senza soffocare completamente la tua curiosità naturale. Non si tratta di trasformarti in un robot monotasking, ma di imparare a gestire meglio le tue energie mentali.
Prima di tutto, è fondamentale sviluppare una maggiore autoconsapevolezza riguardo ai tuoi pattern comportamentali. Prova a tenere un diario dei progetti iniziati e abbandonati. Spesso non ci rendiamo conto di quanto sia frequente questo comportamento finché non lo vediamo nero su bianco, e il risultato può essere più illuminante di una seduta di terapia.
Un’altra strategia efficace è creare quello che potresti chiamare un “parcheggio delle idee”: quando ti viene voglia di iniziare qualcosa di nuovo, invece di buttarti immediatamente, annota l’idea e stabilisci una data futura per rivalutarla. Questo ti permette di non perdere l’ispirazione, ma anche di non interrompere immediatamente quello che stai facendo. È come mettere le idee in una sala d’aspetto invece di farle entrare immediatamente nel tuo ufficio mentale.
Stabilire dei “checkpoint di valutazione” per i tuoi progetti può essere altrettanto utile. Invece di abbandonare qualcosa al primo momento di noia o difficoltà, impegnati a raggiungere un obiettivo intermedio specifico prima di decidere se continuare o meno. È molto più facile valutare oggettivamente se qualcosa vale la pena quando hai già investito abbastanza tempo per superare la fase iniziale di disorientamento.
L’arte di essere selettivamente curiosi
La chiave non è eliminare completamente la sindrome dell’oggetto luccicante, ma imparare a gestirla consapevolmente. Alcune persone trovano utile dedicare del tempo specifico all’esplorazione di nuovi interessi, mantenendo però un “progetto principale” a cui dedicare la maggior parte delle energie. È come avere un lavoro stabile e dei lavoretti part-time: uno ti dà sicurezza e risultati, gli altri ti danno varietà e stimolazione.
Altri preferiscono adottare un approccio ciclico, dedicandosi intensamente a qualcosa per un periodo prestabilito, poi permettendosi di esplorare altro, con la possibilità di tornare ai progetti precedenti in futuro. Non c’è nulla di sbagliato nell’essere una persona a fasi, purché ogni fase sia vissuta con impegno e consapevolezza.
L’importante è riconoscere che questo aspetto della tua personalità non è un difetto da correggere, ma una caratteristica da comprendere e incanalare produttivamente. La curiosità e l’apertura mentale che ti portano a essere attratto da tante cose diverse sono anche le qualità che ti rendono una persona interessante, creativa e adattabile.
La prossima volta che ti ritroverai tentato da un nuovo hobby, progetto o corso online, fermati un momento. Chiediti: sto fuggendo da qualcosa di difficile nel mio progetto attuale, o sono genuinamente pronto per una nuova sfida? La risposta onesta a questa domanda potrebbe essere il primo passo per trasformare la sindrome dell’oggetto luccicante da una trappola in una risorsa. Dopotutto, il mondo ha bisogno di persone curiose e versatili, ma ha anche bisogno di persone che sanno portare a termine quello che iniziano.
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