Il tuo smartphone sa quando stai per ammalarti (giorni prima di te): ecco l’esperimento che ha sconvolto la medicina

Mentre stai leggendo questo articolo, il tuo smartphone sta registrando tutto. Ogni tocco sullo schermo, ogni movimento, ogni vibrazione della tua voce. E no, non è paranoia: è scienza. Quello che non sai è che questi dati potrebbero rivelare quando stai per ammalarti, giorni prima che tu te ne accorga.

Il giorno in cui gli smartphone hanno imparato a fare i dottori

Tutto è iniziato nel 2020, quando un team di ricercatori dell’Università di Stanford ha pubblicato uno studio che ha fatto saltare dalla sedia mezzo mondo scientifico. Michael Snyder e i suoi colleghi hanno dimostrato che smartwatch e smartphone possono identificare i segnali precoci di infezioni virali, incluso il COVID-19, con giorni di anticipo rispetto ai primi sintomi percepibili.

Ma aspetta, c’è di più. Un altro studio pubblicato su npj Digital Medicine ha rivelato che i sensori del tuo telefono possono individuare i primi segni del morbo di Parkinson semplicemente analizzando come cammini, come parli e persino come digiti un messaggio. Sì, il modo in cui scrivi “Ciao mamma” su WhatsApp potrebbe essere un indicatore della tua salute neurologica.

E qui casca l’asino: se i ricercatori universitari riescono a fare tutto questo con budget limitati e dati parziali, cosa pensate che possano fare Google, Apple e le altre Big Tech con i loro algoritmi segreti e i miliardi di dati che raccolgono ogni secondo?

Come il tuo telefono è diventato un detective medico

La magia dietro questa tecnologia ha un nome: digital phenotyping. Suona complicato, ma il concetto è semplice. Il tuo smartphone è pieno di sensori: accelerometro, giroscopio, microfono, sensore di tocco, persino la fotocamera. Questi piccoli spy gadget registrano continuamente ogni tuo movimento, ogni tua parola, ogni tuo gesto.

Quando stai per ammalarti, il tuo corpo inizia a cambiare in modi che nemmeno tu noti. La tua andatura diventa leggermente diversa, la pressione con cui tocchi lo schermo varia di qualche grammo, la tua voce assume sfumature impercettibili. Per noi umani questi cambiamenti sono invisibili, ma per gli algoritmi di machine learning sono segnali luminosi come fari nella notte.

I micro-segnali che tradiscono la tua salute

Ecco cosa il tuo smartphone può capire di te prima ancora che tu lo capisca:

  • Come digiti rivela tutto: Quando stai per ammalarti, il tuo tempo di reazione rallenta impercettibilmente. Gli studi hanno dimostrato che i pattern di digitazione possono cambiare nei giorni che precedono la comparsa di sintomi neurologici come quelli del Parkinson.
  • La tua camminata ti tradisce: L’accelerometro rileva modifiche nella tua andatura anche quando sei ancora completamente asintomatico. I ricercatori sono riusciti a identificare alterazioni nell’andatura associate al rischio di Parkinson con un’accuratezza che arriva fino all’85%.
  • La tua voce non mente mai: Il microfono può individuare variazioni nella frequenza e nell’intensità della voce che precedono i sintomi respiratori. Questi cambiamenti vocali sono utilizzabili come biomarcatori di diverse patologie neurologiche e respiratorie.
  • Il sonno non ha segreti: I sensori di movimento tracciano quanto ti muovi durante la notte, rivelando alterazioni del riposo che spesso anticipano sia infezioni virali che patologie croniche.
  • Il tuo cuore batte diversamente: Attraverso la fotopletismografia, alcuni smartphone possono rilevare variazioni anche minime nella frequenza cardiaca a riposo, un segnale precoce di infezione o stress fisico.

Il caso Parkinson: quando la tecnologia supera i medici

Il morbo di Parkinson è il caso di studio più impressionante. Questa malattia neurodegenerativa si manifesta con tremori e difficoltà motorie che inizialmente sono così lievi da essere quasi invisibili. Ma non per il tuo smartphone.

I ricercatori guidati da Andi Zhan hanno dimostrato che analizzando come una persona tiene in mano il telefono, come lo inclina per leggere e come digita, è possibile individuare i primi segni del Parkinson con un’accuratezza dell’85%. Per farvi capire quanto sia impressionante: molti test medici tradizionali non raggiungono nemmeno lontanamente questa precisione.

Il bello è che tutto questo avviene in modo completamente passivo. Non devi fare nessun test, non devi andare dal medico, non devi nemmeno sapere che sta succedendo. Il tuo telefono ti sta già osservando, già analizzando, già “diagnosticando”.

Il lato oscuro della medaglia digitale

Ora arriva la parte che dovrebbe tenervi svegli la notte. Se i ricercatori di Stanford sono riusciti a ottenere questi risultati con studi pubblici e trasparenti, cosa pensate che possano fare le multinazionali della tecnologia con i loro algoritmi proprietari e i miliardi di dati che raccolgono ogni giorno?

Google, Apple, Meta e le altre giganti tech hanno accesso a una quantità di informazioni sui nostri comportamenti che fa sembrare gli studi universitari un gioco da bambini. Hanno i nostri dati di geolocalizzazione, le nostre ricerche, i nostri messaggi, le nostre foto, i nostri acquisti online. E soprattutto, hanno accesso continuo ai dati dei sensori dei nostri dispositivi.

La differenza è che mentre i ricercatori pubblicano i loro risultati e spiegano i loro metodi, le Big Tech tengono tutto segreto. Protetto da brevetti, algoritmi proprietari e clausole di non divulgazione che potrebbero nascondere il santo graal della medicina predittiva.

Privacy? Quale privacy?

Facciamo un esperimento mentale. Prendi il tuo smartphone e vai nelle impostazioni. Guarda quante app hanno accesso ai tuoi sensori di movimento, al microfono, alla fotocamera. Ora moltiplicalo per le ore che passi con il telefono in mano o in tasca ogni giorno. Ora moltiplicalo per gli anni che usi smartphone. Il risultato? Un archivio di dati sulla tua salute che farebbe invidia a qualsiasi ospedale.

E qui arriva il bello: quando hai accettato quei termini e condizioni lunghi 50 pagine scritti in legalese incomprensibile, cosa pensavi di stare autorizzando esattamente? Probabilmente non sapevi di stare potenzialmente consegnando la tua cartella clinica digitale a aziende private.

La filosofa Helen Nissenbaum, nel suo libro “Privacy in Context” del 2010, aveva già previsto questi scenari. Secondo la sua analisi, la privacy non è solo una questione di dati nascosti, ma di contesto. Gli stessi dati che possono salvare vite in mano a medici competenti possono diventare strumenti di discriminazione in mano a soggetti senza scrupoli.

Scenari da incubo che potrebbero essere già realtà

Pensa a questo scenario: stai cercando lavoro e il tuo potenziale datore di lavoro ha accesso a dati che suggeriscono che potresti sviluppare il Parkinson nei prossimi anni. Oppure: stai cercando un’assicurazione sanitaria e la compagnia sa già che il tuo pattern di sonno indica un rischio elevato di depressione.

Fantascienza? Forse. Ma la tecnologia per farlo esiste già, funziona già, ed è nelle mani di aziende che hanno come obiettivo primario il profitto, non la tua salute o la tua privacy.

Il COVID-19 ci ha già mostrato quanto velocemente le persone siano disposte a sacrificare la privacy per la salute pubblica. Ma siamo sicuri che i nostri dati vengano utilizzati solo per il nostro bene? E soprattutto, siamo sicuri di voler vivere in un mondo dove il nostro telefono sa della nostra salute più di quanto ne sappiamo noi?

La rivoluzione silenziosa è già iniziata

Quello che rende questa storia ancora più inquietante è che non stiamo parlando del futuro. Stiamo parlando del presente. Le tecnologie di digital phenotyping non sono progetti futuristici: sono già utilizzate in numerosi studi clinici e progetti di ricerca in tutto il mondo.

Aziende come Verily di Google e Apple Health stanno già investendo miliardi in ricerca sanitaria digitale. Hanno i dati, hanno la tecnologia, hanno gli algoritmi. L’unica cosa che manca è la trasparenza su come stanno usando tutto questo.

E mentre noi ci preoccupiamo di coprire la webcam del laptop per paura che qualcuno ci spii, portiamo in tasca un dispositivo che potrebbe conoscere il nostro stato di salute meglio del nostro medico di famiglia.

Cosa puoi fare davvero

La verità scomoda è che non puoi fare molto per proteggerti completamente, a meno che tu non sia disposto a tornare al telefono a rotella. Ma puoi diventare più consapevole. Puoi verificare quali app hanno accesso ai tuoi sensori. Puoi leggere davvero le informative sulla privacy. Puoi scegliere alternative più rispettose della privacy quando esistono.

Ma soprattutto, puoi smettere di pensare al tuo smartphone come a un semplice strumento passivo. È un dispositivo di sorveglianza attivo che sa su di te molto più di quanto tu possa immaginare. E ora sai che può anche predire quando stai per ammalarti.

La domanda non è se questa tecnologia cambierà la medicina e la nostra società. La domanda è: saremo noi a controllare come viene usata, o sarà lei a controllare noi?

La prossima volta che il tuo smartphone ti sembra stranamente “intelligente” nel suggerirti qualcosa, ricordati che forse non è così strano. Forse sta solo usando tutto quello che sa su di te. Incluse cose che nemmeno tu sai ancora di sapere.

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